Nascita dell'Art Du Déplacement e del Gruppo Yamakasi
Verso la fine degli anni '80 e i primi anni '90, il gruppo di giovani amici inizia ad esplorare le diverse forme di allenamento basate sul movimento, combinando il gioco con la ricerca della forza. Questa avventura ha luogo ad Evry, nella regione dell'Ile de France nelle vicinanze di Parigi. L'architettura distintiva della città, che segue il tipico disegno delle villes nouvelles costruite a partire dagli anni '60, stimola il gruppo a sperimentare e sviluppare nuovi metodi di allenamento.Successivamente, nasce l'esigenza di dare una struttura più definita alla pratica e di darle un nome rappresentativo. Così, nel 1996, su suggerimento di Sébastien Foucan, viene coniato il termine "ART DU DEPLACEMENT": l’arte dello spostamento. Poco dopo, grazie a una proposta di Guylain N’guba Boyeke, viene scelto il nome per il gruppo: "Yamakasi". Questa parola in Lingala, una lingua africana del popolo Bantu, significa spirito/persona forte. Questa scelta riflette in modo eccezionale l'eterogeneità del gruppo, composto da individui con origini profondamente diverse.
Il gruppo dei fondatori Yamakasi si forma durante questi primi anni e comprende nove membri: Yann Hnautra, David Belle, Sebastien Foucan, Laurent Piemontesi, Chau Belle, Guylain N’Guba Boyeke, Charles Perriere, Malik Diouf e Williams Belle. Questo periodo segna l'inizio di una rivoluzione nel mondo del movimento. Infatti sarà proprio in quegli anni e all'inizio del nuovo millennio che il mondo verrà a conoscenza del fenomeno Yamakasi.
Nel 1997, la formazione originale degli Yamakasi, appare per la prima volta sulla rete nazionale France 2 durante una puntata di “Stade 2” e si presentano così al mondo. In quel momento non esistono ancora distinzioni tra Art Du Déplacement, Parkour e Freerunning. C'è un unico gruppo e una sola disciplina: gli Yamakasi e l'Art Du Déplacement.
Nascita del termine Parkour
Dopo i primi impegni nel mondo dello spettacolo, che includono la partecipazione al musical teatrale "Notre Dame de Paris" e al film "Taxi 2", gli Yamakasi vivono un'opportunità straordinaria con un film dedicato interamente a loro: "Yamakasi - I nuovi samurai". Questo film, presentato da Luc Besson e diretto da Ariel Zeitoun, si rivela essere una svolta significativa per gli Yamakasi, portando la loro fama oltre i confini nazionali. E’ il 2001 e il gruppo è ora composto da sette membri: Yann Hnautra, Chau Belle, Laurent Piemontesi, Charles Perrière, Williams Belle, Malik Diouf e Guylain N’Guba Boyeke. Assistiamo così alla prima rottura del gruppo. David Belle, Stephane Vigroux, Kazuma e Johann Vigroux si separano dal gruppo e si autodefiniscono i "Treceur". Criticavano l'approccio spettacolare adottato dai nuovi praticanti, influenzati dall'entusiasmo suscitato dal film, per abbracciare un approccio da loro ritenuto più autentico e riflessivo, focalizzato sull’ autosviluppo. Nello stesso anno, David Belle diviene il protagonista del programma "Rush Hour" trasmesso dalla BBC e in quell'occasione conia il termine "PARKOUR" per definire la disciplina, contribuendo così alla sua diffusione anche nel Regno Unito. Da quel momento, David inizia a sfruttare le sue eccezionali abilità per sviluppare anche dei progetti commerciali come il film “Banlieue 13".Nascita del termine Freerunning
Nel 2003 i fratelli Vigroux e Foucan sono protagonisti del celebre e premiato documentario "Jump London", trasmesso su Channel 4 e in questo contesto coniano il termine "FREERUNNING". Nel 2005 poi, un altro documentario intitolato "Jump Britain" consolida ulteriormente il concetto di parkour, freerunning e discipline affini come valide espressioni dell'arte moderna. È in questo scenario che nasce "Parkour Generations", la prima organizzazione ufficiale che promuove il parkour come pratica strutturata. Nello stesso anno esce anche lo splendido documentario sulla storia degli Yamakasi e sull'Art Du Déplacement, intitolato "Génération Yamakasi" e diretto da Mark Daniels. Grazie alle coinvolgenti interviste a Yann Hnautra, Laurent Piemontesi, Chau Belle e Williams Belle, il film fa chiarezza su una disciplina autentica, radicata in valori essenziali, che permea interamente le vite dei quattro co-fondatori e che si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo.Per gli Yamakasi, l'Art Du Déplacement rappresenta uno stile di vita. Attraverso le loro acrobazie e movimenti, trasformano gli spazi urbani, spesso oppressivi, in luoghi di opportunità creative e divertimento. Il fulcro del documentario è la narrazione della trasformazione della vita degli Yamakasi e dei giovani delle periferie che si avvicinano a loro, attraverso la disciplina, l’emulazione e la determinazione. Mentre l'Art Du Déplacement si diffonde e si evolve, sia come sport estremo che come svago, sorge una domanda: cosa rappresenterà questa disciplina per le prossime generazioni? Il documentario getta luce sulla storia e sui valori degli Yamakasi, sollevando interrogativi sul futuro di questo nuovo e influente fenomeno urbano.
La prima formazione ufficiale istruttori Nel 2008, Parkour Generations e gli Yamakasi collaborano per creare la prima certificazione ufficiale per istruttori di parkour, nota come A.D.A.P.T. (Art du Deplacement and Parkour Teaching).
Nel 2016, il parkour ha finalmente ricevuto il riconoscimento ufficiale come sport nel Regno Unito. Nel 2017, la Federazione Internazionale delle Ginnastiche (FIG) ha cercato di classificare il parkour come una sottodisciplina della ginnastica, con l'intento di farne una disciplina olimpica. Questa mossa è stata motivata da interessi fondamentalmente economici, suscitando forti critiche e proteste in tutto il mondo, poiché in contrasto con i valori fondamentali della disciplina.
Cos’è il parkour?
Il parkour è una tecnica di allenamento finalizzata ad acquisire preparazione fisica per superare avversità ed ostacoli in caso di necessità ed emergenza, per proteggere te stesso e la tua famiglia. Da ciò deriva il “parkour freestyle” in cui i praticanti inseriscono movimenti acrobatici superflui come nella disciplina dello skateboard, ad esempio, e che non hanno un reale e concreto obiettivo.Il parkour è prima di tutto pragmatico, vuole insegnare alle persone a credere in se stesse. È una disciplina con cui si aumenta la propria soglia di attenzione e successivamente, una volta sicuri di sé, a procedere con salti in ogni luogo e direzione. Dal punto di vista filosofico il parkour è molto vicino alle arti marziali, in cui ci si deve scontrare con un avversario per dimostrare che si è più forti. Nel parkour c’è uno scontro continuo con se stessi attraverso gli ostacoli esterni.
L’armonia dei movimenti, invece, riflette la passione che si infonde in questa disciplina. Il praticante non deve preoccuparsi della bellezza estetica della sua esecuzione. Grazie alla sicurezza nei propri movimenti, essa sarà naturalmente bella. Come quando si osserva un animale selvatico nel suo habitat compiere quelli che per lui sono dei movimenti naturali, ma che nell’uomo possono destare meraviglia così un praticante, con le sole proprie forze, potrà acquisire la stessa naturalezza nel movimento. Si tratta quindi di sapersela cavare in una situazione critica, andare oltre i propri limiti senza sentirsi soffocare dai muri che sono intorno a noi.
Il parkour è un vero metodo di allenamento per fronteggiare ostacoli. Il vero obiettivo è allenarsi pensando a come si può trarre una lezione dalla pratica per tradurla nella vita quotidiana, per essere forti e utili. Nel vero parkour non si eseguono salti mortali, l’obiettivo è la semplicità, l’efficienza e allenarsi con movimenti di cui ci si fida. Quando si sta praticando parkour, tutto ciò che ci circonda è allenamento. I movimenti sono semplici come il salto del gatto, salto di braccia, salto di precisione e salto a terra. Il parkour è comunque un mix di queste tecniche, utile a dimenticare tutti i percorsi che la società ha tracciato per noi e a crearne di propri, intraprendendo percorsi che nessun’ altro ha mai preso, essere dove nessun altro è mai stato. E’ questo a rendere il parkour interessante. Praticare parkour non è impressionare, l’obiettivo è terminare l’allenamento o il percorso, rispettando il proprio corpo, gli altri e senza dover mettere in mostra se stessi.